Passeggiata Letteraria

sabato 30 luglio 2016

"Vite sbandate" : il fascino della Storia "scritta da noi"

Prendo fra le mani "Vite sbandate. Brigantaggio nel Basso Salento" (Esperidi Edizioni) di Ivan Ferrari e resto, per qualche secondo, ad accarezzare la copertina di quello che mi sembra uno scrigno di tesori.
Sono pronta a fare un salto nel passato, lasciandomi, come spesso mi accade, affascinare dalla Storia. Il prestigioso volume si apre sul giorno del plebiscito, quando i cittadini borbonici sono chiamati a scegliere se annettere o meno il Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna. Quel 21 ottobre del 1860 votarono i sudditi di sesso maschile che avevano compiuto i 21 anni d'età. La segretezza  del voto non fu certamente garantita e le autorità locali tennero discorsi atti a sottolineare i vantaggi del voto favorevole all'annessione e gli svantaggi che sarebbero derivati dal no.
L'unificazione dell'Italia fu un processo a dir poco tortuoso  e deluse le aspettative e le speranze del popolo dell'Italia meridionale. Il cambiamento promesso non arrivò e il brigantaggio diventò, per questo, la reazione armata, che aveva come obiettivo una maggiore giustizia sociale e una più equa ridistribuzione della ricchezza terriera.
L'autore ha esplorato pagine di  storia rimaste taciute, curando un'idagine dettagliata che ha portato alla pubblicazione di un volume, in cui ci fa sentire direttamente coinvolti. Ricostruisce le vicende brigantesche del Basso Salento, raccontando le varie sommosse popolari, come quella di Poggiardo o Taviano e Racale, le invasioni di Zollino, Scorrano Cutrofiano condotte dalla banda di Capitan Sturno. E Ferrari ci racconta ancora, attraverso documenti, testimonianze, non solo gli scontri a fuoco, le lotte corpo a corpo, ma persino le tresche amorose. E mentre scorre la lettura, con il desiderio di ricordare nomi, date, luoghi, si ha la sensazione di guardare un film in bianco e nero, dove protagonisti sono uomini semplici, animati dagli ideali di patria e libertà, che combatterono nei e per i nostri paesi, nei e per i nostri borghi. E quando si giunge all'ultima pagina, il desiderio, il bisogno, è quello di uscire e attraversare quelle stradine comuni, le masserie visitate e rivisitate più volte, fermarsi sulla piazza dei nostri paesi, entrare nelle chiese, nelle botteghe, sedersi su muretti a secco per ascoltare la storia del nostro passato custodito nel silenzio di una voce che le pietre non hanno o che forse noi non sappiamo ascoltare.
E poi il pensiero a quei piccoli eroi,  a quei contro- eroi di cui dovremmo conservare o risvegliare memoria, a cui dovremmo rivolgere la gratitudine per aver portato avanti una battaglia, che forse sapevano persa in partenza, solo per lasciarci un'Italia basata sulla vera giustizia, e in cui tutti, indistintmante ci sentissimo uguali e ugualmente liberi.
E un sentimento di gratitudine anche al professor Ferrari, per averci regalato pagine della nostra Storia, raccontate da chi le ha vissute, testimoniate, scritte. E grazie ancora e soprattutto per averci invitato a ricordare che la storia, come cantava Francesco De Gregori, siamo noi. E che nessuno noi  deve sentirsi escluso. Forse anche noi allora troveremmo il coraggio di provare a lasciare un'Italia migliore ai nostri figli.

(Tiziana Cazzato)

venerdì 29 luglio 2016

"Una parte di me" di Giulia Campa: un delicato tuffo nel mare dei sentimenti

Arrivo in fondo a questo libro, letto in una manciata d’ore e chiudendolo mi dico che, se anche non lo avessi saputo dal nome sulla copertina, non avrei avuto esitazioni nel riconoscere, dietro la penna, lo sguardo di una donna.
Io credo che esistano due modi totalmente differenti di guardare all’amore: l’uomo lo vive, lo fa divenire un aspetto della sua esistenza; la donna ne è attraversata.
Una parte di me (Lupo Editore) di Giulia Campa è il racconto della vita di un uomo, dalla sua infanzia fino all’età della maturità, trent’anni; e, per quanto si possa immaginare che sia stata tortuosa questa vita, altro non si può fare, descrivendola, che registrarne gli eventi. A meno che il punto d’osservazione non sia femminile. Allora quel racconto diventa viaggio attraverso l’Amore; e l’Amore non è solo quello che si consuma in una coppia, ma è quel misterioso spirito che pervade ogni fibra dell’essere, dominandone le azioni.
Amore, dunque, come motore del mondo.
Amore e odio. Perché non c’è positivo senza il suo negativo, non si coglie la luce senza aver conosciuto il buio.
Il lettore attraversa la vicenda esistenziale di Lorenzo, il protagonista del libro, percorrendone il sentiero tortuoso, facendo tappa laddove gli snodi sono stati difficili.
Una vita come tante, forse, a volerla guardare con distacco.
In fondo, nel quotidiano si registrano innamoramenti, vite che si legano le une alle altre, tradimenti che sfilacciano e, a volte, recidono legami, figli che nascono da grandi amori o da incidenti di percorso. Vite ordinarie, parrebbe, dove il fluire della vita a volte viene deviato da scogli più o meno incombenti. Lorenzo ci racconta la sua vicenda con parole che rinunciano alla cronaca degli eventi, che pure emergono chiari e circostanziati; tuttavia chi legge non resta su quel piano, indotto com’è a nuotare il mare dei sentimenti, delle sensazioni, delle percezioni dettate da Giulia Campa, la quale ha regalato il suo femmineo a Lorenzo e lo ha fatto parlare da quella prospettiva.
Amore e odio, dicevo.
Odio che genera dolore.
Il dolore è il sentimento più soggettivo che esista, il più dominante. Colui che soffre crede che il mondo intero ne abbia contezza e percezione. Di più: il suo dolore lo vorrebbe universale, vorrebbe che l’universo intero si fermasse, bloccandone il fluire sfacciato che ignora la morsa in cui è bloccato il singolo.
Il dolore genera immobilità.
Il dolore desertifica.
Il dolore fa dimenticare l’amore, lo rinnega, lo schernisce, lo riduce ad un mucchietto di gratuite illusioni, favolette che finiscono con l’essere smascherate.
Ma Amore è forza, è coraggio; a volte è violenza, quella che strappa alle comode convinzioni, che getta via le coperte di un giaciglio rassicurante seppur non del tutto appagante.
Amare è scegliere con difficoltà, accettare di soffrire, lanciarsi nell’esaltazione del bello e precipitare, a volte.
Amore non è un fiore delicato, è una pianta forte; è “la rosa del deserto che nasce dal fortunato incontro tra sabbia e gesso, fragile eppure robusta, resiste alle insidie dell’arsura e indica, con la sua bellezza che la vita è più forte dell’odio”
Leggo e penso che la vita è un corso d’acqua: si genera, rigoglioso, forte della possente energia della roccia che lo ha partorito; poi si dipana nel mondo, ritmando il suo andare, adattandosi al suolo che lo raccoglie e lo accompagna, accelerando a volte, cedendo il passo altre volte; si inabissa quando incontra terreno cedevole; diventa sabbia quando il sole è bruciante, si immobilizza in lastre gelide se il fuoco smette di ardere; si annoda in anse tortuose che ne deviano il percorso o si avviluppa in mulinelli vorticosi dentro cui si può perdere l’orientamento. Ma la fine è sempre una strada piana, larga, che conduce con mano sicura dentro le braccia aperte del mare, che attende, paziente, una parte di sé che torna al suo posto.
Noi siamo l’acqua del fiume: scorriamo attraverso i nostri anni, riceviamo acqua, terra, sassi, morte e vita; soccombiamo ai colpi mancini delle vicende umane, spesso cediamo le armi. Ci diciamo che la lotta è impari, il nemico è più forte o sleale e noi troppo deboli.
Amore ci insegna che, a volte, basta cambiare prospettiva e guardare l’altra faccia della medaglia; si impara che accettare gli errori degli altri insegna a guardare ai propri, che il perdono regalato è amore che ritorna; si impara che l’amore può essere imperfetto, spesso lo è, ma nel conto finale perde colui che rinuncia per codardia.
Vince chi ama. Sempre. Nonostante tutto.

(Maria Letizia Pecoraro)

giovedì 28 luglio 2016

"Sul boxer del nonno verso la poesia" di Alessandra Peluso: un viaggio d'imperdibile amore

Mi preparo a una passeggiata. Ad attraversare un lungo sentiero. Non mi è del tutto sconosciuto, ma il mio cuore, la mia mente lo sanno che esso può riservare sempre nuove sorprese. E per questo sono disposta a tornare e ci torno ancora, per respirare nuovi profumi, per prendere fra le mani nuovi colori. Afferrare nuove emozioni, chiudere gli occhi sul silenzio per riuscire a vedere oltre l'orizzonte limitato di quest'esistenza, alla ricerca continua di nuova luce, di suoni nuovi.
E per questo cammino, provando a non far rumore con i miei passi, sia quando mi muovo lentamente, sia quando cerco di non perdere la persona che mi sta accompagnando.
Non potrei avere guida migliore: Alessandra Peluso ha fatto della poesia la sua vita, e la sua vita è poesia. Negli intrecci dei suoi componimenti d'anima amante, nei quali la passione, le intense sensazioni la portano a vincere le paure  e a vivere una prima poesia. L'Amore. O quando la sua anima torna sorgente e scorre come acqua zampillante, limpida, fresca, cristallina come i suoi versi, che nascono da una penna abile, naturalmente esperta nel creare immagini, nell' uso di tecniche di scrittura che suonano, dipingono con delicatezza d'animo. E anche adesso, che ho accettato l'invito di fare questo viaggio con lei. Mi accompagna ad incontrare i poeti salentini, che abitano e vivono il Salento, questa meravigliosa terra baciata dal sole. E come un vero poeta, Alessandra non solo scrive, ma soprattutto ascolta, dà voce a coloro che sono la voce poetica di questa terra bagnata da due mari.
Ci sono poeti che conosco e che, ascoltandoli nelle loro pagine, mi hanno fatto vedere cose che i miei occhi non avrebbero forse mai veduto: ho attraversato l'"Antica terra", meravigliosa, dell'amico Vito Adamo, ho sentito vibrare l'intensa voce di Elio Coriano, e ascolterei ancora la Signora Poesia di Francesco Pasca, e vorrei scoprire, fra le pagine di Gianluca Conte, altri degli infiniti modi d'essere della poesia. E in questa passeggiata riescono comunque e sempre a indicarmi un altro angolo da scoprire e da vivere. E incontro poeti che non avevo ascoltato e divento, come spesso mi accade, una ladra di emozioni. Di quelle che so provare, ma non esprimere, ma che loro sanno trasformare in parole universali.
Alessandra mi sta aiutando ad ascoltare e a vedere la vita attraverso la poesia. Mi sta aiutando a scoprire la bellezza del Salento che risuona nella voce dei poeti che lo abitano. Mi sta aiutando a scrutare nel Salento che vive nelle poesie di chi sa ascoltare questa terra, e soprattutto sa comporre la sua musica.
Salita "Sul boxer del nonno verso la poesia" ( Salento d'esportazione- I Quaderni del Bardo), cammino, cercando di non far fare rumore con i miei piedi che attraversano questo meraviglioso mondo, raccontato con magistrale sensibilità da una donna luminosa. Una donna che sa introdurci nel mondo della poesia, con una riflessione intrisa di gioia ed entusiasmo. Che sa indicarci la strada nel mondo dei poeti, che raccontano la loro città con versi pieni d'amore. Di POESIA.
E mi riscopro ancora, di nuovo innamorata della poesia, e sorrido perché so che presto risalirò sul boxer del nonno e ripercorrerò un sentiero, non del tutto sconosciuto e che sa sempre sorprendermi. Emozionarmi.

(Tiziana Cazzato)