Passeggiata Letteraria

Poiettili di-versi: la verità in una poesia carica di ritmo e sonorità

Scrivere di poesia. Scrivere della poesia di Marco Vetrugno. Bisognerebbe restare davanti lo schermo o, come preferisco, davanti una pagina bianca, senza battere, senza scrivere, affinchè nè il ticchettio dei tasti, nè il frusciare della penna sul foglio interferiscano con il suono robusto, ritmato di componimenti e versi che arrivano davvero come proiettili. Per colpire chi o che cosa verrebbe da chiedersi, ma già ascoltando i primi versi si comprende che sono proiettili diversi. Sono proiettili di versi: piccoli, ma soprattutto rapidi componimenti lanciati nell'aria per portare a terra, dopo aver sfiorato il punto più alto, la verità. Una verità che il giovane poeta cerca, perché stanco di mentire, perché per una volta almeno vorrebbe essere capito.
E allora, mentre provo a scivere della poesia di Marco Vetrugno, non ascolto le mie parole: mi lascio travolgere da una poesia che non dice, ma che è.
E' il movimento ubriaco della scrittura di un poeta cieco, che sa vedere nella profondità del suo cuore e del suo essere, mentre vaga sorretto da versi che inventerà domani.
E' l'Amore. Attesa della pace che solo le carezze della sua amata sanno donargli. E in cambio egli ingannerà la morte per darle il tempo di vivere tutte le vite che vorrebbe.
E' dolore, che non finisce nelle dita, che non si esaurisce negli occhi...
E' l'ira inarrestabile di un inverno che non se ne vuole andare.
E chiudo gli occhi e mi lascio andare al ritmo di una poesia "aspramente ritmata, in ottima armonia con il suo discorso robusto e violento, drammatico ed eversivo. Di una poesia che è un'accusa rivolta al male del mondo e alla fatica di vivere", come scive Giorgio Barberi Squarotti. Di una poesia che è anche dialogo con la tradizione letteraria e poetica: Marco Vetrugno discorre con D'Annunzio, Leopardi; con i Futuristi e anche con Hemingway e Majakovsij. Alla sonorità di una poesia che l'autore sente, ma soprattutto fa vivere e sentire a chi si lascia al flusso incessante di parole che sono, di parole che si vedono e che non può fare a meno di guardare.
E ognuno le guarda con i suoi occhi, le sfiora con le sue mani, le assapora con il suo gusto, vivendole come un'esperienza personale, intima, diversa. Per questo le mie mani restano ferme sulla tastiera del computer. Per questo la mia penna non si muove sulla pagina bianca. Perché voglio ascoltare fino all'ultima poesia. Voglio cogliere e accogliere anche l'ultimo pensiero. Perché voglio che mi colpiscano tutti i proiettili di-versi e cogliere quelli che non mi colpiranno, e aspettare quelli che ancora arriveranno. E aspettare un altro anno. e aspettare un altro libro. Un altro di libro di poesia vera, di bellezza.  Di una poesia che ti fa respirare fino in fondo la vita.
Io non scriverò, perciò, di poesia. Non scriverò della poesia di Marco Vetrugno.  E voi non leggetemi, non cercate le mie parole, non perdete altro tempo: andate là dove arrivano i "Proiettili di- versi" (Musicaos Editore) di Marco Vetrugno. Vivete! Sarete!
E vorrete ancora vivere ed essere. Vorrete ancora che Marco continui a scrivere. Continui a non arrendersi.

(Tiziana Cazzato)




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